A gennaio 2010 il Banco Popolare ha offerto in opzione ai propri azionisti la possibilità di sottoscrivere obbligazioni convertibili di nuova emissione alle seguenti condizioni: valore nominale dell’obbligazione pari a € 6,15, tasso di interesse annuo al 4,75%, scadenza 24 marzo 2014. Dopo diciotto mesi dall’emissione, e quindi dal 24 novembre 2011, gli obbligazionisti hanno la facoltà di richiedere la conversione anticipata ricevendo in cambio un numero di azioni Banco Popolare di valore equivalente al valore nominale dei bond più un premio del 10%. La banca, al contempo, ha la facoltà di rimborsare le obbligazioni anche tramite contanti, a copertura dell’eventuale minor valore delle azioni al momento del rimborso. A servizio del prestito, i soci del Banco avevano approvato l’emissione di circa 277 milioni di nuove azioni. In tal modo i detentori delle convertibili erano in un certo modo coperti da un eventuale crollo futuro dei mercati… o almeno così sembrava guardando i mercati nel gennaio del 2010.
È purtroppo sotto gli occhi di tutti che lo scenario è drammaticamente cambiato nel frattempo: l’indice FTSE Italia Banche è crollato del 58% dal 24 marzo 2010 (data di emissione delle convertibili) e le banche europee sono costrette a ricorrere nuovamente al mercato per trovare nuovi capitali (secondo l’EBA, European Banking Authority, ben 106 miliardi di euro di cui almeno 15 riguardano banche italiane). Senza voler entrare nel merito della reale necessità di richiedere ulteriore capitale agli azionisti, è evidente che il Banco Popolare si trova oggi nella rischiosa situazione di dover essere costretto a rimborsare i detentori delle convertibili per la maggior parte in contanti, considerando che difficilmente il valore di mercato dell’azione potrà nel medio termine essere maggiore o uguale al valore nominale dei bond, fronteggiando così un esborso di denaro a dir poco proibitivo per la banca nella situazione attuale.
Il prossimo 25 novembre, i soci del Banco Popolare saranno chiamati ad approvare l’autorizzazione al neo costituito Consiglio di Amministrazione (che sarà nominato proprio in quella sede) ad incrementare fino a 1,5 miliardi il numero di nuove azioni da emettere a servizio del prestito convertibile, che andrebbero a quasi raddoppiare le 1,8 miliardi di azioni che costituiscono il capitale attuale: una cifra che supera di gran lunga la soglia del 20% delle azioni in circolazione considerata accettabile dalla generalità degli analisti di governance! Ma la risoluzione, che tanti nasi farà storcere, davvero causerà un danno per gli azionisti attuali? Alle condizioni attuali del mercato, che difficilmente saranno stabili fino al 24 marzo 2014 (scadenza delle obbligazioni), possiamo stimare in oltre 800 milioni di euro il potenziale esborso aggiuntivo da parte del Banco per ripagare gli obbligazionisti, oltre l’emissione delle 277 milioni di nuove azioni.
Possiamo aspettarci diverse raccomandazioni negative alla proposta di un così sostanzioso ammontare di nuove azioni da emettere, così come alla proposta di modifica delle condizioni del prestito, in considerazione della contrarietà alle voting guidelines. Un tale atteggiamento rischia però di risultare come esemplificativo di uno dei più comuni errori che possano compiere i consulenti: applicare i medesimi criteri di analisi per ogni emittente in qualsiasi contesto di mercato. Il rischio implicito di tale atteggiamento può portare ad un allontanamento delle ricerche dalla realtà contestuale che si sta analizzando.
Ogni analisi dovrebbe invece tener ben presente le condizioni ambientali e le specificità dell’emittente, adottando quella flessibilità che da una parte preservi i principi fondamentali della buona governance, ma che al contempo abbia sempre come obiettivo imprescindibile gli interessi di lungo periodo degli investitori. Quando ci troviamo di fronte ad un emittente che ha subito un crollo del 30,7% su base annua degli utili nell’ultimo trimestre e per cui l’EBA ha richiesto la costituzione di un buffer di capitale pari a € 2,8 miliardi, il potenziale esborso da sostenere per redimere tutte le convertibili potrebbe rappresentare un duro colpo per i bilanci del Banco Popolare, e conseguentemente per gli interessi economici di tutti i suoi azionisti. Inoltre, occorre considerare che le convertibili sono state offerte in opzione ai soci, che possiamo prevedere essere la fetta più consistente degli obbligazionisti attuali: se ciò fosse vero, l’intera operazione risulterebbe in un mero scambio tecnico, senza reali impatti sugli interessi degli azionisti/obbligazionisti.